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candrìbòla : recipiente di latta mal fatto; donna grossa e mal formata
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Storia

Gli Angioini

I Siciliani rimasero poco tempo sotto il dominio angioino. Se ne liberarono con la rivoluzione del vespro siciliano, nel 1282, e accolsero come sovrano Pietro d'Aragona, genero di Manfredi.

L'Italia meridionale invece rimase sotto la dominazione francese, la quale fece sensibilmente peggiorare le condizioni politiche e sociali delle nostre terre. Tasse ordinarie e straordinarie immiserivano le università, che spesso non potevano far fronte al pagamento dei tributi. Venivano allora inviati sul posto, con pieni poteri, commissari regi. Questi rendevano la situazione più difficile, perché imponevano nuovi gravami finanziari. Intanto si viveva nell'incubo delle scorrerie dei siculo-aragonesi, che approdavano sulle coste del golfo di Salerno e si spingevano verso l'interno.

Quando veniva commesso un delitto contro persone o cose e non si riusciva a scoprirne l'autore, la riparazione veniva messa a carico delle università, nel cui territorio si era verificato. Aumentavano di conseguenza i tributi da pagarsi dai cittadini. Alle vessazioni dei governanti si aggiunsero anche calamità naturali. Nel 1269 l'Italia meridionale fu afflitta da una terribile carestia.

Nel 1286 il feudo di Montella venne confiscato al conte Adenolfo d'Aquino e assegnato ai guerrieri francesi, Guglielmo e Balduino de Corbohans. Adenolfo riuscì, tra il 1291 e il 1293, a riavere il feudo, ma ricadde presto in disgrazia di Carlo II. Il conte fu chiamato in Provenza alla corte del re, ove fu processato per alto tradimento e giustiziato in modo crudelissimo: infilato ad un palo aguzzo, fu rosolato al fuoco. I suoi beni furono di nuovo confiscati.

Carlo II tenne per sé il feudo di Montella, che dava in quel tempo una rendita annua di 50 once d'oro, provenienti dall'amministrazione della giustizia, dal fitto per pascolo delle selve di Folloni e delle Mezzane, da una vigna sotto il Carmino, dai mulini e dalle gualchiere. Il re destinò il Bosco di Folloni a sua riserva di caccia e proibì ai cittadini non solo di catturarvi selvaggina, ma anche di condurvi animali al pascolo e di andarci a raccoglire legna.

I Montellesi non accettarono di buon animo le limitazioni imposte all'esercizio millenario degli usi civici e alcuni ignoti, per protesta, appiccarono il fuoco alle gualchiere, che erano presso Cassano, e le distrussero.Il re, visto che i Montellesi erano dei sudditi che davano fastidi, perché non tolleravano spadroneggiamenti, nel 1295, decise di liberarsi del possesso diretto del feudo.

Lo concesse a Bartolomeo da Capua e, l'anno seguente, al figlio Filippo, principe di Taranto e imperatore nominale di Costantinopoli. Questi, forse nel 1313, concesse ai Frati di S. Francesco 36 tomoli di grano e due once di oro l'anno, da prelevarsi dalla rendita delle gualchiere, che egli aveva fatto riedificare. Il principe sperava che i Montellesi, per non danneggiare i frati, non avrebbero distrutto, con un nuovo incendio, l'edificio ricostruito.

Il 1332 c'era in Montella anche una ferriera, una delle tre esistenti nel Principato ulteriore. Le altre due si trovavano ad Avellino e ad Atripalda. Ruderi di una ferriera di età posteriore sono ancora visibili a destra del Calore, in contrada Prebende. I minerali ferrosi vi erano trasportati dal porto di Salerno, con animali da soma.

Estintisi, nel 1373, i principi di Taranto, Montella appartenne fino al gennaio del 1377, alla regina Giovanna I, che l'offrì in dono al quarto marito Ottone di Brunswick. Dopo l'assassinio di Giovanna, Montella passò, nel 1381, a Giacomo del Balzo, principe di Taranto.

Verso il 1399 il feudo venne in potere dei Ruffo e, dopo alterne vicende, nel 1441, passò ad Alfonso d'Aragona. Questi l'anno seguente sconfisse le ultime forze angioine e riunì sotto il suo dominio la Sicilia e il regno di Napoli.

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